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      La signora Smith con Enrichetto rimasero nel camerino riservato alle donne, e quivi la bruna bellezza della supposta fanciullina ebbe lodi dalle viaggiatrici.
      Quando sonò per l’ultima volta la campana d’avviso, Giorgio ebbe la contentezza di veder Marks tornare alla riva, e quando il battello ebbe posto tra loro un’insuperabile distanza, egli mandò un gran sospiro, come se un carico immenso gli fosse stato tolto dal petto.
      Era una giornata splendida. Le acque azzurre del lago Erie scintillavano al sole, increspate dalla fresca brezza spirante da terra, e la bella nave solcava gagliardamente le onde.
      Oh, qual mondo ignoto può racchiudersi in un cuore umano!
      Chi, vedendo Giorgio passeggiare tranquillo e disinvolto sulla tolda del piroscafo, col suo timido compagno a fianco, avrebbe mai sospettato i sentimenti che s’agitavano nel suo petto? La suprema felicità a cui moveva incontro, avvicinandosi gli sembrava troppo grande, troppo ammaliante, perché potesse essere reale; e un geloso timore lo angosciava che di momento in momento qualche cosa dovesse sorgere a strappargliela.
      Ma il piroscafo rattamente scorreva, e alfine apparvero in chiara luce le benedette sponde inglesi, sponde di magico prestigio, al tocco delle quali svanisce ogni eco di schiavitù, qualunque sia il linguaggio che la dichiari legittima e il potere nazionale che la confermi. Giorgio tenevasi Elisa a braccetto mentre il piroscafo si avvicinava alla piccola città di Amherstburg, nel Canada.
      Il suo respiro diventò affannoso, i suoi occhi si velavano; egli strinse tacito la mano gentile che gli si appoggiava tremante sul braccio.


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La capanna dello zio Tom
di Harriet Beecher Stowe
Editore Salani Firenze
1930 pagine 624

   





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