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      Quando Legrée, con brevi e concitate parole, fece noto agli schiavi quella fuga, il lampo di gioia che sfavillò negli occhi di Tom e il suo protendere delle mani al Cielo, non sfuggirono al suo sguardo sospettoso; avendo poi visto che Tom non si era unito alla truppa che doveva raggiunger le fuggitive, pensò di costringerlo a farne parte; ma conoscendone per prova l’inflessibilità quando gli si voleva imporre un atto inumano, egli non volle, in quel trambusto, entrare in alcuna discussione con lui.
      — Io l’odio a morte! — esclamò Legrée quella notte, quando si fu coricato. — Sì, l’odio a morte; e non è forse mio? Non posso farne ciò che mi piace? Chi potrebbe impedirmelo? Vorrei un po’vedere!... —
      E Legrée agitò nell’aria il suo pugno chiuso, quasi avesse voluto stritolare qualche oggetto invisibile. Ma Tom era uno schiavo fedele e prezioso, e quantunque Legrée covasse contro lui un odio terribile, questa considerazione lo frenava alquanto.
      La mattina seguente Legrée risolse di frenarsi ancora, e di radunare alcuni suoi vicini per circondare la palude e fare una caccia in regola con cani e fucili. Se gli riusciva di trovare le fuggitive, era contento; se no, intimerebbe a Tom di comparirgli dinanzi (e a questo pensiero digrignò i denti e il sangue gli ribollì), e allora farebbe ben piegare il ribelle... poiché una voce interna gli sussurrò un’orrenda parola, e l’anima di lui vi assentì.
      — Ebbene, — disse Cassy il giorno seguente dopo avere spiato dall’abbaino della soffitta — la caccia sta per ricominciare anche oggi.


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La capanna dello zio Tom
di Harriet Beecher Stowe
Editore Salani Firenze
1930 pagine 624

   





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