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      ... — mormorò con flebile voce.
      E s’addormentò per sempre in un sorriso.
      Giorgio rimase immobile per solenne venerazione. Il luogo gli parve santificato.
      Dopo aver chiuso quegli occhi spenti, solo un pensiero s’impadronì di lui, quello che il morente aveva espresso: «È pur dolce cosa esser cristiano!»
      Si voltò. Legrée stava lì presso con aria truce.
      Quella scena di morte aveva placato l’impeto giovanile di Giorgio, e così la presenza di quell’uomo non eccitò in lui che orrore. Il solo suo desiderio fu di fuggirlo più presto che fosse possibile.
      Fissando i neri suoi occhi sopra Legrée gli disse semplicemente accennandogli il morto:
      — Voi aveste di lui tutto quello che se ne poteva avere. Quanto volete che vi paghi il suo corpo? Voglio portarlo meco e dargli onorevole sepoltura.
      — Non vendo negri morti; — disse Legrée con ruvidezza — potete seppellirlo dove volete.
      — Ragazzi, — disse Giorgio con accento imperioso a tre negri che guardavano il corpo — aiutatemi a trasportarlo nel calesse e datemi una zappa. —
      Uno di loro corse in cerca della zappa; gli altri due prestarono mano a Giorgio per porre il cadavere nel calesse: Il giovane non guardò Legrée; questi non si oppose agli ordini di lui; ma stava ritto, fischiando con forzata indifferenza; poi li seguì fino al calesse che era dinanzi alla porta.
      Steso il suo mantello nel calesse, Giorgio vi depose il cadavere e lo avviluppò diligentemente. Indi, voltatesi, fissò lo sguardo in Legrée e disse mal frenando l’ira:
      — Io non vi ho detto ancora come la penso intorno a quest’atroce affare; non è questo il tempo né il luogo.


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La capanna dello zio Tom
di Harriet Beecher Stowe
Editore Salani Firenze
1930 pagine 624

   





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