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      C'era da divertirsi in ambedue i casi, da pericolare in nessuno dei due.
      Angiolina aveva capito poco delle premesse, ma, visibilmente, non le occorrevano commenti per comprendere il resto; anche le parole più difficili avevano un suono di carattere non ambiguo. I colori della vita risaltarono sulla bella faccia e la mano di forma pura, quantunque grande, non si sottrasse a un bacio castissimo d'Emilio.
      Si fermarono a lungo sul terrazzo di S. Andrea e guardarono verso il mare calmo e colorito nella notte stellata, chiara ma senza luna. Nel viale di sotto passò un carro e, nel grande silenzio che li circondava, il rumore delle ruote sul terreno ineguale continuò a giungere fino a loro per lunghissimo tempo. Si divertirono a seguirlo sempre più tenue finché proprio si fuse nel silenzio universale, e furono lieti che per tutt'e due fosse scomparso nello stesso istante. – Le nostre orecchie vanno molto d'accordo, – disse Emilio sorridendo.
      Egli aveva detto tutto e non sentiva più alcun bisogno di parlare. Interruppe un lungo silenzio per dire: – Chissà se quest'incontro ci porterà fortuna! – Era sincero. Aveva sentito il bisogno di dubitare della propria felicità ad alta voce.
      – Chissà? – replicò essa con un tentativo di rendere nella propria voce la commozione che aveva sentita nella sua. Emilio sorrise di nuovo ma di un sorriso che credette di dover celare. Date le premesse da lui fatte, che razza di fortuna poteva risultare ad Angiolina dall'averlo conosciuto?
      Poi si lasciarono. Ella non volle ch'egli l'accompagnasse in città ed egli la seguì a qualche distanza non sapendo ancora staccarsene del tutto.


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Senilità
di Italo Svevo (Ettore Schmitz)
pagine 258

   





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