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      Quando Angiolina si sentì abbastanza lontana dal suo terribile critico, disse con voce cattiva: – Come se la sua zoppa fosse perfetta.
      Al «Mondo Nuovo» entrarono in una stanza oblunga chiusa da una parte da un tramezzo, dall'altra, verso il vasto giardino della birreria, da una vetrata. Al loro arrivo accorse il cameriere, un giovanotto dal vestito e dal fare contadineschi. Montò in piedi su una seggiola e accese due fiammelle del gas, che rischiararono scarsamente la vasta stanza; restò poi lassù a stropicciarsi gli occhi assonnati, finché Stefano non accorse a trarlo giù gridando che non gli permetteva d'addormentarsi tanto in alto. Il contadinotto, appoggiatosi allo scultore, discese dalla sedia e s'allontanò desto del tutto e di buonissimo umore.
      A Margherita doleva un piede e s'era subito seduta. Il Balli le si fece d'intorno abbastanza premuroso, e voleva non facesse complimenti, si levasse lo stivale. Ma ella non volle dichiarando: – Già qualche male ci dev'essere sempre. Questa sera lo sento appena, appena.
      Come era differente da Angiolina quella donna. Faceva delle dichiarazioni d'amore senza dirle, senza tradirne il proposito, affettuosa e casta, mentre l'altra, quando voleva significare la sua sensibilità, si inarcava tutta, si caricava come una macchina che per mettersi in movimento ha bisogno di una preparazione.
      Ma al Balli non bastava. Aveva detto ch'ella doveva levarsi lo stivale e insistette per essere ubbidito finché ella non dichiarò che sarebbe stata pronta a levarsi anche tutt'e due gli stivali se egli avesse ordinato, ma che non le sarebbe servito a nulla non essendo quella la causa del male.


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Senilità
di Italo Svevo (Ettore Schmitz)
pagine 258

   





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