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      Invece il Brentani stava ad udire con amarezza e invidia. Pareva che il Balli si vantasse della fortuna come di propria virtù. A Emilio non era toccato mai niente di lieto anzi neppure niente d'inaspettato. Anche la sventura gli si era annunziata da lontano, si era delineata avvicinandosi; egli aveva avuto il tempo di guardarla lungamente in faccia, e quando ne era stato colpito – la morte dei suoi più cari o la povertà – egli vi era già preparato. Perciò aveva sofferto più a lungo ma con meno intensità e le tante sventure non lo avevano mai scosso dalla sua triste inerzia ch'egli attribuiva a quel destino disperantemente incolore e uniforme. Ed egli non aveva mai ispirato niente di forte, né amore, né odio; il vecchio tanto ingiustamente odiato dal Balli non era intervenuto nella sua vita. La gelosia, nel suo animo, crebbe in modo ch'egli ne provò persino per l'ammirazione che al Balli dedicava Amalia. Il pranzo divenne molto animato perché anche lui vi collaborò. Lottò per conquistarsi l'attenzione di Amalia.
      Ma non vi riuscì. Che cosa avrebbe potuto dire che stesse degnamente accanto alla bizzarra autobiografia del Balli? Nient'altro che la sua passione presente, e non potendo parlare di quella, immediatamente egli fu confinato alla seconda parte ch'era sua per destino. Lo sforzo fatto da Emilio non produsse altro che qualche idea che andò ad ornare il racconto dell'amico. Il quale poi, senz'esserne consapevole, sentì la lotta e divenne sempre più vario, colorito, animato. Mai Amalia era stata l'oggetto di tante attenzioni.


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Senilità
di Italo Svevo (Ettore Schmitz)
pagine 258

   





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