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      Riproducendolo e non potendo ridare la mitezza dell'aria, un pittore avrebbe stampata quell'erronea illusione.
      – Fra noi tre conosciamo tutta la città – mormorò il Balli. Sul passeggio avevano dovuto rallentare il passo. Così festiva e romorosa e ufficiale, nel grande triste paesaggio e accanto al vasto mare bianco, quella folla era poco seria; aveva del formicaio.
      – È lei che conosce tutti, non noi, – disse Amalia che ricordava d'essere venuta spesso a quel passeggio senz'aver avuto per ciò da stancarsi troppo nei saluti. Tutte le persone che passavano avevano il saluto amichevole o rispettoso per il Balli, e i saluti gli venivano anche dagli equipaggi. Ella si sentiva bene accanto a lui e gioiva di quella passeggiata trionfale come se una parte della riverenza che veniva dimostrata allo scultore fosse stata destinata a lei.
      – Guai se non fossi venuto! – disse il Balli rispondendo con un bel saluto misurato ad una vecchia signora che s'era sporta dalla carrozza per vederlo. – La gente sarebbe ritornata a casa delusa. – Si era sicuri di trovarlo al passeggio della domenica ch'egli festeggiava come un operaio col Brentani il quale gli altri giorni era chiuso in ufficio.
      – Ange! – mormorò Amalia ridendo con discrezione. L'aveva riconosciuta alla descrizione che gliene era stata fatta e al turbamento di Emilio.
      – Non ridere! – pregò Emilio con calore e confermando la scoperta di Amalia. Anche lui vedeva qualche cosa di nuovo: il sarto Volpini, un esile omino più insignificante ancora per colpa della splendida figura femminile accanto alla quale marciava con un suo passo allungato con isforzo e vanto.


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Senilità
di Italo Svevo (Ettore Schmitz)
pagine 258

   





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