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      I due uomini salutarono ed il Volpini rispose con esagerata gentilezza. – Ha il colore di Angiolina, – rise il Balli. Emilio protestò: come si poteva confrontare la paglia del Volpini con l'oro di Angiolina? Si volse e vide che l'Angiolina china, parlava al suo compagno il quale guardava in alto, finalmente non gobbo. Parlavano certo di loro.
      Soltanto più tardi, quando si trovarono di nuovo in città e in procinto di dividersi, Amalia che improvvisamente era ammutolita sentendosi di nuovo vicina alla sua abituale solitudine, per dire qualche cosa e rompere il silenzio che già incombeva su lei, domandò chi fosse l'uomo che accompagnava Angiolina. – Suo zio – disse il Brentani, serio serio, dopo una lieve esitazione, mentre Stefano lo guardava con occhio ironico vedendolo arrossire. L'occhio innocente della sorella lo faceva vergognare. Come Amalia sarebbe stata sorpresa che il grande amore del fratello, quell'amore pel quale ella già tanto aveva sofferto, fosse fatto a quel modo.
      – Grazie! – disse Amalia congedandosi da Stefano. Oh, quale ricordo dolce di quelle ore le sarebbe rimasto se, per disgrazia, non si fosse accorta che in quel momento il Balli non poteva parlare perché in lotta con uno sbadiglio che gli paralizzava la bocca. – Ella s'è annoiato. Tanto più la ringrazio. Umile e buona tanto, commosse Stefano il quale si sentì subito di volerle bene. Spiegò che lo sbadiglio in lui era affare di nervi. Le avrebbe provato ch'egli non s'annoiava in loro compagnia, se lo sarebbero trovato molto spesso fra' piedi.


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Senilità
di Italo Svevo (Ettore Schmitz)
pagine 258

   





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