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      – Oh, bella! Conosco il Volpini e poi conosco anche quest'altro. L'ombrellaio di Barriera Vecchia. Quello delle ombrelle ordinarie, colorite. – Qui venne una descrizione particolareggiata dell'ombrellaio alla doppia luce gialla del gas e degli occhi di Angiolina. Calvo e pur tanto nero! – È un mostro in natura perché resta nero in qualunque luce lo si vegga. – Il Balli terminò il suo racconto: – Giacché non v'è ragione di aver compassione di te, ne provo unicamente per quella povera Giulia. L'ombrellaio non ha un amico come me cui addossare le brutte appendici delle sue belle avventure. Fu lei la maltrattata! Dovette contentarsi di un bicchierino di rosolio, mentre Angiolina con grande apparato si fece dare un cioccolatte e una grande quantità di focacce.
      Ed Emilio sembrava prendere interesse a tutte le spiritose osservazioni dell'amico. Non aveva più neppur bisogno di sforzo per simulare indifferenza; si era quasi cristallizzato nel primo sforzo e avrebbe potuto dormire conservando stereotipato quel sorriso e quella calma. Era tale quella simulazione da penetrare molto più in là dell'epidermide. Invano egli cercava in se qualche cosa d'altro fuori di essa, e non trovava che una grande stanchezza. Nient'altro! Forse la noia di sé, del Balli e d'Angiolina. E pensò: «Quando sarò solo starò certo meglio di così».
      Il Balli disse: – Adesso andiamo a dormire. Tu sai già dove potrai trovare Angiolina domani. Le dirai poche parole d'addio e poi la sia finita come tra me e Margherita.
      Il suggerimento era buono; tuttavia forse non ci sarebbe stato bisogno di darlo.


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Senilità
di Italo Svevo (Ettore Schmitz)
pagine 258

   





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