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      Dolci parole ad Angiolina? Ma no! Poche e durissime e fredde. – Io sapevo già ch'eri fatta così. Non mi sorprese affatto. Domandalo al Balli. Addio.
      Camminò per calmarsi perché al pensare quelle fredde parole s'era sentito bruciare. Non offendevano abbastanza! Con quelle parole non offendeva che se stesso; si sentiva venire le vertigini. – Così si uccide – pensò – non si parla. – Una grande paura di se stesso lo calmò. Sarebbe stato ugualmente ridicolo anche uccidendola, si disse, come se egli avesse avuto un'idea da assassino. Non la aveva avuta; ma, rassicuratosi, si divertì a figurarsi vendicato con la morte di Angiolina. Quella sarebbe stata la vendetta che avrebbe fatto obliare tutto il male di cui ella era stata l'origine. Dopo, egli avrebbe potuto rimpiangerla, e lo pervase una commozione che gli cacciò le lagrime agli occhi.
      Pensò che con Angiolina egli avrebbe dovuto seguire lo stesso sistema adottato col Balli. Quei due suoi nemici dovevano essere trattati nello stesso modo. A lei egli avrebbe detto che non l'abbandonava causa il tradimento ch'egli s'era atteso, ma per il sozzo individuo ch'ella aveva scelto a suo rivale. Egli non voleva più baciare dove aveva baciato l'ombrellaio. Finché s'era trattato del Balli, del Leardi e magari del Sorniani, aveva chiuso un occhio, ma l'ombrellaio! Nell'oscurità studiò la smorfia di schifo con cui avrebbe detta questa parola.
      Qualunque parola egli immaginasse di dirigerle, sempre veniva colto da un convulso riso. Avrebbe continuato a parlarle così tutta la notte?


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Senilità
di Italo Svevo (Ettore Schmitz)
pagine 258

   





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