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      Non trovava altro e si alzò. Non aveva neppur lontanamente l'idea di andarsene perché quella breve frase non poteva esser tutto, non era ancora un giusto compenso a tante sofferenze. Voleva però far credere che con quella frase egli volesse abbandonarla. Infatti sarebbe stato un atto dignitosissimo che avrebbe chiusa quella bassa relazione.
      Ella indovinò tutto e, credendo ch'egli non volesse darle tempo alla difesa, soggiunse seccamente: – Infatti ho fatto male a dirti che quell'uomo fosse Volpini. Non era lui! Fu Giulia che mi pregò si dicesse così. Quell'uomo era in nostra compagnia per lei. Ella fece compagnia a noi, ed era perciò giusto che per una volta non le rifiutassi di accompagnarla io. Non si crederebbe. Egli è tanto innamorato! Più ancora che non tu di me.
      S'interruppe. Aveva capito dall'espressione della sua faccia quanto egli fosse lontano dal crederle e tacque mortificata di aver detto due patenti bugie. Poggiò le mani sullo schienale di una sedia vicina e vi esercitò uno sforzo violento Aveva sulla faccia una mancanza assoluta di espressione, e guardava con ostinazione una macchia grigia sulla parete. Doveva essere quello il suo aspetto quando soffrivaAllora egli provò una strana compiacenza a provarle che sapeva proprio tutto e che ai suoi occhi ella era definitivamente perduta. Poco prima si sarebbe quasi accontentato di poche parole: il triste imbarazzo di Angiolina lo rese ciarliero. Ebbe la piena coscienza di un grande godimento. Dal lato sentimentale era la prima volta che Angiolina lo soddisfacesse perfettamente.


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Senilità
di Italo Svevo (Ettore Schmitz)
pagine 258

   





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