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      Già da giovinetta la si vedeva trottare per le vie di città vecchia in compagnia di ragazzi – le piacevano gl'imberbi – ad ore non permesse. Il Merighi capitò in tempo per portarla in città nuova che, dopo, restò il campo della sua attività. Ella si fece vedere a braccetto di tutti i giovani più ricchi, sempre col medesimo dolce abbandono di sposa novella. E giù l'elenco dei nomi che il Brentani già conosceva, dal Giustini al Leardi, tutti i fotografati che facevano bella mostra sulla parete della stanza da letto di Angiolina.
      Non un nome nuovo. Era impossibile che il Sorniani inventasse con tanta esattezza. Un dubbio angoscioso gli spinse il sangue alle gote; continuando a parlare con tanto calore, il Sorniani avrebbe forse nominato anche se stesso? Continuò ad ascoltarlo con grande ansietà mentre la sua destra si stringeva a pugno pronta a picchiare.
      Ma l'altro s'interruppe per chiedergli: – Ti senti poco bene?
      – No – disse Emilio – io sto benissimo. – Si fermò e pensò se gli convenisse di farlo ciarlare ancora.
      – Ma è evidente che devi sentirti poco bene. Hai cambiato di cera due o tre volte.
      Emilio riaperse il pugno. Non era il caso di picchiare. – Sì, infatti non sto bene. – Picchiare il Sorniani! Bella vendetta! Avrebbe dovuto picchiare se stesso. Oh, come l'amava! Se lo confessò con un'angoscia che non aveva mai provata. Vigliaccamente, egli si disse che sarebbe ritornato da lei. Al più presto. Quella mattina egli s'era mosso risoluto ed energico alla vendetta. L'aveva rimproverata e poi lasciata.


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Senilità
di Italo Svevo (Ettore Schmitz)
pagine 258

   





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