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      – Lo vorranno per convenienza – pensò il Balli con la sua consueta facilità di spiegare tutto.
      Erano già avviati verso casa allorché a Stefano venne un altro dubbio: – Basta che la signorina non mi serbi rancore.
      Emilio, forte dell'assicurazione avuta dalla sorella, lo tranquillò. – Sarai accolto come in passato.
      Il Balli tacque. Ci avrebbe pensato lui ad apparire diverso da quello di una volta, per non lusingarla e non essere assalito una seconda volta da quell'amore poco desiderabile.
      Amalia era preparata a tutto fuorché a questo. Si era proposta di trattarlo gentilmente ma con freddezza, ed ecco ch'era lui a dare tale intonazione ai loro rapporti. A lei non restò altro che d'accettare e seguire passivamente il modo imposto da lui, e non poté neppure tradire un risentimento. Egli la trattava proprio come una signorina di cui avesse fatto da poco la conoscenza, con tutti i riguardi e il più indifferente rispetto. Non erano più le chiacchiere allegre in cui il Balli si abbandonava tutto, svelando quanto più alto si tenesse di tutte le persone che lo contornavano, con un'immodestia tanto spudorata da non potersi mostrare che accanto a persone devotissime, perché un'ironia qualunque in quei momenti gli avrebbe tolta la voce e il fiato. Quel giorno non parlò affatto di sé, ma, invece, e brevemente, di cose che Amalia non stava neppure a udire, stupefatta di tanta indifferenza. Raccontò che s'era annoiato molto alla Valchiria, dove una metà del pubblico era occupata a dare ad intendere all'altra di divertirsi; poi parlò anche di un'altra noia, quella del lungo carnevale che aveva ancora un mese d'agonia.


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Senilità
di Italo Svevo (Ettore Schmitz)
pagine 258

   





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