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      La stessa sera fratello e sorella andarono a teatro, ed Emilio sperava che lo svago insolito fosse perciò maggiore per la sorella.
      Ma no! Nella serata il divertimento non le animò gli occhi neppure una sola volta. Appena appena vide il pubblico. Il pensiero sempre rivolto all'ingiustizia che le era stata fatta, ella non poteva neppure occuparsi di quelle tante donne più felici ed eleganti di lei che altre volte ella aveva seguite con tanto interessamento da trovar piacere già nel parlare di loro. Quando ne aveva avuto l'opportunità, s'era fatte descrivere quelle fogge, ed ora non le vedeva neppure.
      Una certa Birlini, una ricca signora ch'era stata amica della madre dei Brentani, dal suo palchetto vicinissimo, scorse Amalia e la salutò. In passato Amalia era stata superba dell'affetto di alcune ricche signore. Invece ora fu con isforzo che trovò un sorriso per rispondere alla gentilezza usatale, e presto non vide più la bionda e buona signora che evidentemente s'era compiaciuta di trovare anche Amalia in quel teatro.
      Ma Amalia veramente non c'era. Ella si lasciava cullare nei suoi pensieri da quella strana musica di cui non percepiva i particolari, ma l'insieme ardito e granitico che le sembrava una minaccia. Emilio la strappò per un istante ai suoi pensieri per domandarle come le piacesse un motivo che continuava a risuonare nell'orchestra. – Non capisco – ella rispose. Infatti ella non lo aveva sentito. Ma, assorbito da quella musica, il suo grande dolore si coloriva, diveniva ancora più importante, pur facendosi semplice, puro, perché mondato d'ogni avvilimento.


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Senilità
di Italo Svevo (Ettore Schmitz)
pagine 258

   





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