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      Respirando a pieni polmoni la fredda aria notturna, disse che quella serata gli aveva fatto molto bene. Ma, mentre, verboso chiacchierone come sempre, andava raccontando di quale strana calma si fosse sentito pervaso, una grande tristezza gli salì al cuore. L'arte non gli aveva dato che un intervallo di pace, e non glielo avrebbe potuto ridare, perché ora certi ricordi mozzi della musica s'attagliavano benissimo a certe proprie sensazioni, se non altro alla compassione di se stesso, d'Angiolina e di Amalia.
      Nell'eccitazione in cui si trovava, si sarebbe voluto calmare, provocando da Amalia nuove confidenze. Dovette capire che s'erano spiegati invano. Ella continuò a soffrire muta, non ammettendo neppure d'avergli mai fatto intendere niente. Certamente il loro dolore d'origine tanto simile non li aveva avvicinati.
      Un giorno la sorprese sul Corso mentre ella camminava lentamente in pieno meriggio, a passeggio. Portava un vestito che da lungo tempo non doveva aver indossato perché Emilio non l'aveva mai visto. Dei colori azzurri, chiari, su una stoffa grezza che le vestiva goffamente il povero corpo dimagrito.
      Essa si confuse vedendolo, e fu subito disposta a seguirlo a casa. Chissà quale tristezza l'aveva spinta a quella passeggiata in cerca di svago! Egli poteva capirlo facilmente ricordando quanto spesso i suoi desideri cacciassero di casa anche lui. Ma quale pazza speranza le aveva fatto indossare quei vestiti? Fermamente egli credette che, vestita così, avesse sperato di piacere al Balli.


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Senilità
di Italo Svevo (Ettore Schmitz)
pagine 258

   





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