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      – Oh, cara e dolce! mormorò baciandole gli occhi, il collo e poi la mano e le vesti. Ella lo lasciò fare dolcemente, e tanta dolcezza era talmente inaspettata ch'egli si commosse e pianse prima con sole lagrime, poi con singhiozzi. Gli pareva che non fosse dipeso che da lui di continuare per tutta la vita quella felicità. Tutto si scioglieva, tutto si spiegava. La sua vita non poteva più consistere che di quel solo desiderio.
      – Tanto bene mi vuoi? – mormorò essa commossa e meravigliata. Anche lei aveva delle lagrime agli occhi. Gli raccontò che l'aveva visto sulla via, pallido e smunto, sul volto i segni evidenti della sua sofferenza, e le si era stretto il cuore dalla compassione. – Perché non sei venuto prima? – gli chiese rimproverandolo.
      S'appoggiò a lui per discendere dal muricciuolo. Egli non capiva perché ella troncasse quella dolce spiegazione ch'egli avrebbe voluto continuare in eterno. – Andiamo a casa mia disse ella, risoluta.
      Egli ebbe le vertigini e l'abbracciò e baciò non sapendo come dimostrarle la propria riconoscenza. Ma la casa d'Angiolina era lontana e, camminando, Emilio si ritrovò intero con i suoi dubbi e la sua diffidenza. Se quell'istante l'avesse legato per sempre a quella donna? Fece le scale lentamente e tutt'ad un tratto le domandò: – E Volpini?
      Ella esitò e si fermò: – Volpini? – Poi, risoluta, superò i pochi scalini che la dividevano da Emilio. Si appoggiò a lui, nascose la faccia sulla sua spalla con un'affettazione di pudore che gli ricordò l'antica Angiolina e la sua serietà da melodramma, e gli disse: – Nessuno lo sa, neppure mia madre.


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Senilità
di Italo Svevo (Ettore Schmitz)
pagine 258

   





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