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      Il maschio era oramai soddisfatto ma, all'infuori di quella soddisfazione, egli veramente non ne aveva sentita altra. Aveva posseduto la donna che odiava, non quella ch'egli amava. Oh, ingannatrice! Non era né la prima, né – come voleva dargli ad intendere – la seconda volta ch'ella passava per un letto d'amore. Non valeva la pena di adirarsene perché l'aveva saputo da lungo tempo. Ma il possesso gli aveva data una grande libertà di giudizio sulla donna che gli si era sottomessa. – Non sognerò mai più – pensò uscendo da quella casa. E poco dopo, guardandola, illuminata da pallidi riflessi lunari: – Forse non ci ritornerò mai più. – Non era una decisione. Perché l'avrebbe dovuta prendere? Il tutto mancava d'importanza.
      Ella l'aveva accompagnato sino alla porta di casa. Non s'era accorta di alcuna sua freddezza perché egli si sarebbe vergognato di mostrarne. Anzi, premurosamente egli aveva chiesto per la sera appresso un altro appuntamento ch'ella aveva dovuto rifiutargli essendo occupata tutta la giornata fino a tarda notte dalla signora Deluigi, che le aveva commesso un vestito da ballo. S'accordarono di vedersi due giorni dopo: – Ma non in questa casa – disse Angiolina subito arrossata dall'ira. – Come puoi immaginare una cosa simile? Non voglio mica espormi al pericolo di farmi ammazzare da mio padre. – Emilio assicurò che avrebbe provveduto lui alla stanza pel prossimo ritrovo. Gliel'avrebbe indicata domani con un biglietto.
      Il possesso, la verità? La bugia continuava spudorata come prima, ed egli non scorgeva alcun modo per liberarsene.


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Senilità
di Italo Svevo (Ettore Schmitz)
pagine 258

   





Deluigi Angiolina Emilio