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      Ange! Il Balli gli aveva fornito l'indirizzo di una casa ove davano a fitto delle stanze. Egli gliela indicò. A lungo, per non sbagliare, ella si fece descrivere quella casa e la posizione della stanza, ciò che imbarazzò non poco Emilio il quale non l'aveva vista. Aveva baciato troppo per saper osservare, ma quando fu solo sulla via s'accorse, con sua grande meraviglia, che soltanto allora sapeva esattamente dove bisognava andare a cercare quella stanza. Non v'era dubbio! Era stato diretto da Angiolina.
      Vi andò subito. La proprietaria della camera si chiamava Paracci, ed era una vecchierella nauseante dalle vesti sucide sotto alle quali s'indovinavano le forme del petto abbondante, un resto di giovinezza in mezzo ad una vizza vecchiaia, la testa con pochi capelli ricci sotto ai quali luceva la pelle porosa e rossa. Lo accolse con grande gentilezza e, subito d'accordo, gli disse ch'ella non affittava che a chi conosceva molto bene dunque a lui sì.
      Egli volle vedere la stanza e vi entrò, seguito dalla vecchia, per la porta sulle scale. Un'altra porta – sempre chiusa – disse la Paracci con l'accento di chi giura, la congiungeva al resto del quartiere. Più che ammobiliata, era ingombrata da un enorme letto dall'apparenza pulita e da due grandi armadi; c'era un tavolo nel mezzo, un sofà e quattro sedie. Non ci sarebbe stato posto neppure per un solo altro mobile.
      La vedova Paracci stava a guardarlo, le mani sui grossi fianchi sporgenti, con l'aspetto sorridente – una brutta smorfia che metteva in mostra la bocca sdentata – di chi si attende una parola di soddisfazione.


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Senilità
di Italo Svevo (Ettore Schmitz)
pagine 258

   





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