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      L'accompagnò sulla via, poi, quantunque ella dichiarasse di aver fretta, l'indusse a rincasare per la via ch'egli aveva percorsa quella sera in cui ella era stata vista con l'ombrellaio. La via di Romagna era proprio quella della serata memoranda, con i suoi alberi nudi, che si proiettavano sul cielo chiaro, e il suolo ineguale coperto di fanghiglia densa. Una grande differenza era quella d'aver accanto Angiolina. Ma tanto lontana! Per la seconda volta, su quella stessa via, egli la cercò.
      Le descrisse la corsa fatta allora. Le raccontò come il desiderio di vederla gliel'avesse fatta scorgere più volte dinanzi a sé, poi come una leggera ferita prodotta da una caduta l'avesse fatto piangere, perché era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso. Ella lo stette ad ascoltare lusingata di avere ispirato un tale amore e quand'egli si commosse lagnandosi che tanto soffrire non gli avesse conquistato tutto l'amore cui credeva di aver diritto, ella protestò con energia: – Come puoi dire una cosa simile? – Lo baciò per protestare con efficacia. Poi però commise l'errore, come al solito dopo averci ben pensato: – Non mi sono data al Volpini per essere tua? – Ed Emilio piegò la testa convinto.
      Quel Volpini, senza saperlo, gli avvelenava le gioie che, secondo Angiolina, gli aveva procurate. Invece di soffrire per l'indifferenza di Angiolina, dopo di aver udito menzionare il Volpini, Emilio temette di lei e dei piani che in lei sospettava. Nel convegno seguente, con le prime parole egli chiese quali garanzie avesse avute dal Volpini per abbandonarglisi.


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Senilità
di Italo Svevo (Ettore Schmitz)
pagine 258

   





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