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      Ne ebbe paura. L'attirò a sé e, per unica vendetta, le disse: – Io non valgo mica molto più di te.
      Fu lei allora a ribellarsi e, svincolandosi, disse decisa: – Non ho mai permesso a nessuno di trattarmi così. Io me ne vado. Volle riprendere la pezzuola ma egli glielo impedì. La baciò e l'abbracciò pregandola di restare; non ebbe la vigliaccheria di rinnegare le sue parole con una dichiarazione, ma vedendola tanto decisa, egli, ch'era ancora sconvolto solo per aver pensata quella risoluzione, l'ammirò. Sentendosi perfettamente riabilitata ella cedette. Per gradi però. Restò dichiarando che sarebbe stata l'ultima volta che si sarebbero visti e, soltanto al momento di dividersi, acconsentì a stabilire come al solito il giorno e l'ora del prossimo appuntamento. Sentendosi appieno vittoriosa ella non aveva ricordato più l'origine della disputa e non aveva tentato di farlo ricredere.
      Egli sperava ancora sempre che il possesso così pieno avrebbe finito col togliere violenza al suo sentimento. Invece egli andava ai ritrovi sempre con la medesima violenza di desiderio e nella sua mente non s'acquietava la tendenza a ricostruire l'Ange che veniva distrutto ogni giorno. Il malcontento lo spingeva a rifugiarsi nei sogni più dolci. Angiolina quindi gli dava tutto: il possesso della sua carne e – essendone essa l'origine – anche il sogno del poeta.
      Tanto di frequente la sognò infermiera che tentò di continuare il sogno anche accanto a lei. Stringendosela fra le braccia col violento desiderio del sognatore, le disse, – Vorrei ammalarmi per essere curato da te.


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Senilità
di Italo Svevo (Ettore Schmitz)
pagine 258

   





Ange Vorrei