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      – Si rattristò e le si empirono gli occhi di lagrime: – Vedrai cosa avviene. A te racconterò tutto. Sei il solo che mi possa consigliare. Ho raccontato tutto anche a mamma, ma essa, poveretta, non ha che gli occhi per piangere. – Uscì, ma rientrò subito: – Bada per il caso che mamma venga qui e ti parli, ch'ella sa tutto tranne che io mi sia data al Volpini. – Gli gettò un bacio colla mano e se ne andò.
      La lettera era del Volpini, una formale lettera di congedo. Incominciava col dirle che egli s'era comportato sempre onestamente, mentre ella – ora lo sapeva – l'aveva tradita fin dal principio. Emilio si mise a leggere con maggior premura quella scrittura quasi illeggibile, temendo di trovar motivato quell'abbandono col suo nome. In quella lettera non si parlava di lui. Al Volpini era stato assicurato ch'ella non era stata la fidanzata ma l'amante del Merighi. Egli non aveva voluto crederci, ma, alcuni giorni prima, aveva risaputo con piena sicurezza ch'ella era stata a parecchi veglioni in compagnia di vari zerbinotti. Seguivano poi delle grosse frasi che, malamente connesse, davano l'impressione della perfetta sincerità del buon uomo e facevano ridere solo per qualche parolona, che doveva essere stata presa di peso da un vocabolario.
      Entrò la vecchia Zarri. Le mani al solito posto sotto al grembiale, s'appoggiò al letto e aspettò pazientemente ch'egli avesse terminato di leggere quella lettera. – Cosa le sembra? – chiese con la sua voce nasale. – Angiolina dice di no, ma a me sembra che la sia finita col Volpini.


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Senilità
di Italo Svevo (Ettore Schmitz)
pagine 258

   





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