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      Amalia udì quello che egli disse ma udì anche delle parole ch'egli non aveva dette; poi disse: – Se tu vuoi, io devo far così. Restiamo, ma... tanto sudiciume... – Le colarono due sole lagrime dagli occhi fino allora asciutti; rotolarono come due perle sulle guance infocate.
      Poco dopo dimenticò quel dolore ma il delirio glie ne creò di nuovi. Era stata in pescheria e non vi aveva trovato pesce: – Non capisco! Perché tengono la pescheria se non ci hanno del pesce? Fanno camminare tanto, tanto, con questo freddo. L'avevano spedito via tutto e non c'era più del pesce per loro. Tutto quel dolore e l'affanno parevano provocati da tale fatto. Le sue parole fievoli e rese ritmiche dall'affanno erano sempre interrotte da qualche suono d'angoscia.
      Egli non l'ascoltava più: bisognava uscire in qualche modo da quella situazione, bisognava trovare la maniera di chiamare un medico. Tutte le idee suggeritegli dalla disperazione furono da lui esaminate come se fosse stato possibile di metterle in atto. Guardò intorno a sé per trovare una corda onde legare l'ammalata al letto e poter lasciarla sola; fece un passo verso la finestra, per chiamare di là soccorso, e infine, dimenticando che non era possibile di farsi comprendere da Amalia, si mise a parlarle per ottenerne la promessa che sarebbe stata tranquilla durante la sua assenza. Premendole dolcemente le coperte sulle spalle per significarle che doveva rimanere coricata, le disse: – Starai così, Amalia? Me lo prometti?
      Ella oramai parlava di vestiti.


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Senilità
di Italo Svevo (Ettore Schmitz)
pagine 258

   





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