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      Raccontò in tutti i particolari la scena di poco prima: il delirio, l'affanno di Amalia e il lungo tempo in cui egli, trovandosi solo, non s'era potuto allontanare da quella stanza fino all'intervento provvidenziale della signora Chierici.
      Il Balli prese l'aspetto di persona sorpresa da una mala nuova – non certo l'aspetto sperato da Emilio – e con l'energia che in quello stato d'animo doveva essergli facile, consigliò di correre a chiamare il dottor Carini. Gli era stato descritto quale un buon medico; per di più era suo intimo ed egli l'avrebbe saputo interessare alla sorte di Amalia.
      Emilio piangeva e non accennava a muoversi dal posto. Gli pareva di non aver ancora terminato; non si dava per vinto, e cercava una frase per commuovere l'amico. Ne trovò una che fece rabbrividire lui stesso: – Pazza o moribonda! – Oh, la morte! Era la prima volta ch'egli immaginava Amalia morta, scomparsa ed egli che allora allora aveva appreso di non amare più Angiolina, si vedeva solo, desolato dal rimpianto di non aver saputo approfittare della felicità, che fino a quel giorno era stata a sua disposizione, di dedicare la propria vita a qualcuno che aveva bisogno di tutela e di sacrificio. Con Amalia spariva dalla sua vita ogni speranza di dolcezza. Disse con voce profonda: – Non so se provo maggior dolore o rimorso.
      Guardò il Balli per vedere se fosse stato compreso. Sulla faccia di Stefano s'impresse una meraviglia sincera: – Rimorso? – Aveva sempre creduto che Emilio fosse il modello dei fratelli, e lo disse.


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Senilità
di Italo Svevo (Ettore Schmitz)
pagine 258

   





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