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      L'ammalata pareva assopita ma, come al solito, parlò quasi fosse sempre in una conversazione e avesse avuto da rispondere a domande o da aggiungere delle parole ad osservazioni fatte prima: – Di qui a mezz'ora. Sì, ma non prima. – Spalancò gli occhi e riconobbe il Carini; disse qualche cosa che doveva essere un saluto.
      – Buon giorno, signorina – rispose il dottore ad alta voce con l'evidente intenzione d'adattarsi al suo delirio. – Volevo venire a trovarla prima, ma m'è stato impossibile. – Il Carini era stato in casa una sola volta ed Emilio fu lieto ch'ella l'avesse riconosciuto. Ella doveva esser migliorata di molto in quelle brevi ore, perché a mezzodì ella non aveva ravvisato neppure lui. Comunicò tale osservazione a bassa voce al dottore.
      Questi era tutto intento a studiare il polso dell'ammalata. Poi ne denudò il petto e vi appoggiò l'orecchio in diversi punti. Amalia taceva con gli occhi rivolti al soffitto. Poi il dottore si fece aiutare dalla signora Elena per rizzare l'ammalata e sottoporre alla medesima disamina anche la schiena. Amalia oppose resistenza per un istante ma quando capì che cosa si volesse da lei cercò anche di sostenersi da sola.
      Ella guardava ora la finestra, che s'era rapidamente oscurata. La porta era aperta e il Balli, che s'era soffermato sulla soglia, fu visto dall'ammalata. – Il signor Stefano – disse ella senz'alcuna sorpresa e senza muoversi perché aveva capito che si voleva ch'ella stesse ferma. Emilio che aveva temuta una scena, fece al Balli un cenno imperioso di ritirarsi, e soltanto il suo gesto sottolineò l'importante incontro.


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Senilità
di Italo Svevo (Ettore Schmitz)
pagine 258

   





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