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      Si sentì più che mai inutile a quel letto. Amalia non gli apparteneva nel delirio; era ancora meno sua che quando si trovava nel possesso dei suoi sensi.
      La signora Elena ritornò, portando seco le pezze bagnate già preparate, e tutto il necessario per isolarle e impedire che bagnassero il letto. Denudò il petto di Amalia e lo protesse agli occhi dei due uomini ponendovisi dinanzi.
      Amalia emise un lieve grido di spavento a quella improvvisa sensazione di freddo. – Le farà bene– disse la signora Elena curva su lei.
      Amalia comprese, ma dimandò dubbiosa ed ansimante – Fa bene? – Volle però liberarsi da quella sensazione penosa dicendo: – Non oggi, però, non oggi.
      – Te ne prego, sorella mia – pregò Emilio calorosamente trovando finalmente qualche cosa da fare – sforzati di tenere sul petto quelle pezze. Ti guariranno.
      L'affanno di Amalia parve aumentato; di nuovo gli occhi le si empirono di lagrime. – È buio – disse – assai buio. – Era infatti buio, ma quando la signora Elena s'affrettò ad accendere una candela, l'ammalata non se ne avvide neppure e continuò a lagnarsi dell'oscurità. Cercava d'esprimere così tutt'altra sensazione opprimente.
      Al chiarore della candela, la signora Elena si accorse che la faccia d'Amalia era irrorata di sudore; anche la camicia ne era intrisa fino alle spalle. – Che sia un buon segno? – esclamò giocondamente.
      Intanto però Amalia, che nel delirio era l'umiltà in persona, per liberarsi dal peso al petto e non contravvenire all'ordine che aveva sentito echeggiare nel suo orecchio, spinse le pezze verso la schiena.


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Senilità
di Italo Svevo (Ettore Schmitz)
pagine 258

   





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