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      La signora Elena riprese la conversazione al punto ove l'aveva lasciata. Forse quetando Amalia ella non s'era staccata neppure per un istante dal pensiero suo più caro. Anche il rancore verso i parenti del marito era un elemento della sua vita. Raccontò che essi l'avevano disprezzata, perché era figlia di un commerciante di ferrareccia. – Ad ogni modo – aggiunse – il nome dei Deluigi è un nome onorato.
      Emilio si meravigliò della sorte che faceva capitare in casa un membro di quella famiglia nominata tanto spesso da Angiolina. Interrogò subito Elena se avesse altri parenti. Ella disse di no e negò anche che in città vi potesse essere un'altra famiglia di quel nome. Lo negò tanto risolutamente, ch'egli dovette crederle.
      Perciò anche durante quella notte il suo pensiero fu attratto da Angiolina. Come nell'epoca che gli pareva tanto lontana in cui Amalia sana non era per lui altro che una persona inquietante, di cui si doveva evitare la vicinanza, egli fu invaso da un desiderio cocente di correre da Angiolina per rimproverarla di tanto tradimento, il maggiore ch'ella avesse ordito. Quei Deluigi erano saltati fuori al principio della loro relazione ed erano stati creati i singoli membri della famiglia a seconda del bisogno. Prima era stata la vecchia signora Deluigi, che amava Angiolina come una madre, poi la figlia che la teneva per amica, e infine il vecchio che aveva tentato d'ubbriacarla. Una menzogna ch'era stata ripetuta ad ogni loro colloquio, e per essa scompariva ogni dolcezza dal ricordo di Angiolina.


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Senilità
di Italo Svevo (Ettore Schmitz)
pagine 258

   





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