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      La sua sensazione più forte era il bruciore della cute irritata dal sole, dalla polvere e dal sudore. A casa si laṿ e, rinfrescata la faccia, perdette ogni ricordo di quella gita. Si sent́ solo, solo. Usć col vago proposito d'attaccarsi a qualcuno, ma sul pianerottolo dove un giorno aveva trovato il soccorso invocato, ricorḍ che poco distante poteva trovare una persona che gli avrebbe insegnato a ricordare, la signora Elena. Egli – se lo disse salendo le scale egli non aveva dimenticata Amalia, la ricordava anche troppo, ma aveva dimenticata la commozione della sua morte. Invece che vederla rantolare nell'ultima lotta, la ricordava quando triste, spossata, con gli occhi grigi lo rimproverava del suo abbandono, oppure quando, sconfortata, riponeva la tazza preparata per il Balli o, infine, ricordava il suo gesto, la sua parola, il suo pianto d'ira e di disperazione. Erano tutti ricordi della propria colpa. Bisognava coprire il tutto con la morte d'Amalia; la signora Elena gliel'avrebbe rievocata. Amalia stessa era stata insignificante nella sua vita. Non ricordava neppure ch'ella avesse dimostrato il desiderio di riavvicinarsi a lui quando egli, per salvarsi da Angiolina, aveva tentato di rendere più affettuosa la loro relazione. La sua morte sola era stata importante per lui; quella almeno l'aveva liberato dalla sua vergognosa passione
      – La signora Elena è in casa? – domanḍ alla serva ch'era venuta ad aprire. In quella casa non si doveva essere abituati a ricevere molte visite.


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Senilità
di Italo Svevo (Ettore Schmitz)
pagine 258

   





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