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      — Ritornerò alle undici — concluse il signor Maller; — la prego di lasciare sul mio tavolo una lista delle case cui avrà telegrafato e l'indicazione della quantità di azioni offerte; firmerò allora le lettere.
      Se ne andò con un saluto cortese ma non indicando con sufficiente chiarezza a chi lo rivolgesse.
      Sanneo, che già aveva avuto il tempo di rassegnarsi, disse lieto ai due giovani:
      — Spero che avremo finito per le dieci o anche prima, e che quando il signor Maller ritornerà, troverà le stanze vuote. Adesso, presto!
      Ordinò a Miceni d'informare del nuovo lavoro gli altri addetti alla corrispondenza, e ad Alfonso, lo speditore, poi uscì correndo.
      Miceni riaprì il calamaio chiuso, prese dalla casella un pacco di carta da lettera e lo buttò con violenza sul tavolo.
      — Se me ne fossi andato diritto per i fatti miei, ce ne sarebbe voluto a pescarmi fuori, per farmi passare qui la notte.
      Alfonso s'incamminò sbadigliando. Un piccolo corridoio angusto e oscuro univa la stanza al corridoio principale ai cui lati c'erano gli uffici, tutti ancora illuminati, dalle porte eguali, con le cornici nere e le lastre appannate. Quelle delle stanze del signor Maller e del signor Cellani, il procuratore, portavano i nomi in nero sopra una piastra dorata. Nella sua luce uguale, le pareti pitturate a imitazione di marmo, le lastre delle porte illuminate più fortemente, così, senza penombre, il corridoio deserto sembrava uno di quei quadri fatti a studio di prospettiva, complicati, ma solo di luce e di linee.


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Una vita
di Italo Svevo
pagine 444

   





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