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      Puliva bocchini d'osso di cui era provvisto in quantità, raddrizzava serrature, aguzzava rasoi, si faceva la barba in ufficio, quando se la faceva. Grande fumatore, aveva sempre nel cassetto un enorme quantità di tabacco in mucchio su un foglio di carta oleata; era una mescolanza di diverse specie e profumata da una radice che dava alla sua stanza un odore intenso di resina. Era la sua vera abitazione quella stanza; ci aveva introdotto delle comodità, tra altre inchiodato sulla sedia di paglia un pezzo di corame per sedere più comodo. Un cassetto del suo tavolo era destinato esclusivamente alle munizioni; del pane, talvolta del burro, spesso una bottiglia di birra, sempre una bottiglietta di zozza di cui usava offrire agli amici che venivano a fargli visita. Nell'altra sua abitazione non doveva stare troppo comodo. Raccontava che la stanza ove dormiva era tanto piccola che essendoci il letto e l'armadio, la sedia era di troppo e impediva l'ingresso. Non potendo farne a meno trovò un meccanismo ingegnoso:
      — Legai la sedia ad una corda che attaccai alla parte superiore della porta dopo di averla fatta passare per un gancio sporgente dal muro. Aprendosi la porta, la sedia sale e lascia l'ingresso libero; chiusa la porta ci si trova la sedia accanto e si può sedervisi senza muover passo.
      C'era forse dell'esagerazione in tale descrizione, ma di certo qualche cosa di vero. Un giorno dinanzi ad Alfonso consegnò ad un servo di piazza le chiavi della sua stanza incaricandolo di trovargli un nuovo alloggio e di trasportarvi i suoi pochi mobili.


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Una vita
di Italo Svevo
pagine 444

   





Alfonso