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      Sempre vestito elegantemente, aveva però una figura tozza, il passo incerto, la schiena teneva curva e gli dava un aspetto molto originale il vestito da lion con quella figura da vecchio. Il suo volto invece era regolarissimo; gli occhiali lo abbellivano accrescendo serietà alla sua faccia bruna. Nel luogo che per lui era di provincia, s'era appassionato per la caccia e la sua pelle portava le traccie delle molte ore passate al sole. Lavorava con grande rapidità e quando nulla aveva da fare, prendendosi una libertà che gli altri impiegati non avrebbero osato, non veniva affatto all'ufficio.
      Intelligentemente blagueur, la sua conversazione riusciva interessante; leggeva tutti i nuovi romanzi francesi e ne parlava da un certo punto di vista che dava originalità alle sue osservazioni. Non amava i romanzi più moderni; ne comprendeva, a quanto Alfonso poteva giudicare, tutti i meriti, ma non li amava sempre. Vi trovava una cosa di troppo o altra di troppo poco e finiva col dirne male. Offendeva il feticismo di Alfonso parlando con famigliarità sprezzante degli scrittori più celebri. «Quegli dava il titolo al suo romanzo per attirare gli acquirenti, l'altro scriveva porcherie al medesimo scopo, il terzo che si diceva buono, scrittore che veniva letto dalle signorine, era un birbante che legnava sua madre.»
      Offerse ad Alfonso dei libri in prestito, e, dimenticandosi sempre di portarglieli, una sera lo condusse seco a prenderli. Abitava nel centro della città in un primo piano spazioso.


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Una vita
di Italo Svevo
pagine 444

   





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