Pagina (71/444)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Ma questo primo zelo non rinasceva che per circostanze indipendenti dalla sua volontà, e il suo lavoro procedeva tanto lento che una buona parte della giornata la passava tra la lettura delle lettere arrivate per cercarvi quelle che poteva mettere da parte e la disamina delle carte che nei giorni precedenti aveva lasciato sul tavolo.
      Sanneo si diceva sorpreso che a un giovane che dimostrava desiderio di lavorare non riuscisse di fare di più; piombava in stanza di Alfonso credendo di sorprenderlo alla lettura di qualche giornale o uscito a chiacchierare con altri impiegati e lo trovava sempre al suo posto con la penna in mano e gli occhi fissi sulla carta. Per indulgenza gli diminuì anche il lavoro, ma le quindici o venti letterine che gli dava da fare, alla sera non erano mai fatte tutte e bastavano a mantenere il deposito di sospesi.
      Alfonso si figurava che il malessere generale che provava dipendesse dal bisogno che aveva il suo organismo di stancarsi, di esaurirsi. Si era anche fatto di quest'organismo una concezione plastica che riformava ad ogni novella sensazione. Alla sera, dopo una giornata passata in mezzo alle cifre o correndo per la banca oppure con la penna sulla carta e il pensiero altrove, immaginava che nel suo corpo si movesse una materia abbondante attraverso a vasi molli incapaci di resistere o di regolare. Se poteva, faceva allora delle grandi passeggiate e il malessere scompariva. I polmoni gli si allargavano, sentiva le giunture più flessibili, il corpo gli obbediva più pronto ed egli si figurava che quella materia fosse stata assorbita o regolata e che aiutasse invece d'impedire.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Una vita
di Italo Svevo
pagine 444

   





Alfonso