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      Per esempio in acqua, se vi cadono, muoiono tutti coloro che hanno l'abitudine di afferrarsi a tutto quello che loro è vicino, — e fece una strizzatina d'occhio verso le mani di Alfonso che si chiudevano nervosamente sulla banchina.
      E passarono accanto al verde Sant'Andrea senza che Alfonso potesse padroneggiarsi. Guardava, ma non godeva.
      La città, quando al ritorno la rivide, gli parve triste. Sentiva un grande malessere, una stanchezza come se molto tempo prima avesse fatto tanta via e che poi non lo si fosse lasciato riposare mai più. Doveva essere mal di mare e provocò l'ilarità di Macario dicendoglielo.
      — Con questo mare!
      Infatti il mare sferzato dal vento di terra non aveva onde. Vi erano larghe strisce increspate, altre incavate, liscie liscie precisamente perché battute dal vento che sembrava averci tolto via la superficie. Nella diga c'era un romoreggiare allegro come quello prodotto da innumerevoli lavandaie che avessero mosso i loro panni in acqua corrente.
      Alfonso era tanto pallido che Macario se ne impietosì e ordinò a Ferdinando di accorciare le vele.
      Si era in porto, ma per giungere al punto di partenza si dovette passarci dinanzi due volte.
      Si udivano i piccoli gridi dei gabbiani. Macario per distrarlo volle che Alfonso osservasse il volo di quegli uccelli, così calmo e regolare come la salita su una via costruita, e quelle cadute rapide come di oggetti di piombo. Si vedevano solitarii, ognuno volando per proprio conto, le grandi ali bianche tese, il corpicciuolo sproporzionatamente piccolo coperto da piume leggiere.


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Una vita
di Italo Svevo
pagine 444

   





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