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      Una sera se ne andò via prima dicendo di essere indisposto. Voleva dimostrare il suo malumore e si adirò che nessuno lo comprendesse, che tutti credessero nella sua malattia.
      Gironzò per le vie della città malcontento degli altri e di sé. Avendo l'abitudine quando era agitato di monologare, doveva accorgersi del ridicolo che c'era nella sua ira. Anche nel sogno più astratto una parola precisa pronunziata richiama alla realtà. Egli era giunto a desiderare Annetta, amarla, esserne geloso; ella invece sapeva appena appena quale suono avesse la sua voce. Con chi doveva prendersela? Lo aveva offeso più di tutto la stretta di mano di congedo ch'ella gli aveva dato freddamente e tenendo gli occhi rivolti a Spalati che continuava a parlare! Avrebbe forse voluto ch'ella si mettesse a meditare sulle cause dell'improvviso pretestato malessere? Un malessere infine non poteva dire nulla quando prima nulla era stato detto per spiegarlo. Poteva capitare a Spalati e andandosene neppure costui avrebbe potuto ottenere altro che l'augurio di buona salute.
      Ironizzando su se stesso si trovò piccolo e malaticcio coi suoi desiderî tanto sproporzionati al possibile, perché egli aveva sognato di venir amato da Annetta!
      Voleva abbandonare il giuoco! Era l'unica via che gli restasse aperta. Non avrebbe fatto più di quelle visite! Era tempo perduto, prima quello che passava in quella casa e poi dell'altro fuori, per l'agitazione in cui quelle visite lo ponevano. Lo avvilivano! S'era messo in una lotta in cui doveva soggiacere, lui non capace di parlare per piacere ma solo per farsi comprendere, e doveva soggiacere anche per le condizioni in cui si trovava poco atte a sedurre della gente ambiziosa come era quella con cui aveva a fare.


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Una vita
di Italo Svevo
pagine 444

   





Annetta Spalati Spalati Annetta