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      Volle essere calmo, ma naturalmente i ragionamenti non lo liberarono né dai dubbi né dall'agitazione. Servirono a non fargli prendere risoluzioni alle quali lo avrebbe portato il suo carattere tanto turbato nelle situazioni esitanti, indecise, e lo salvarono dall'analisi dei propri istinti e del proprio carattere. Lo faceva soffrire il conoscersi.
      Il giorno appresso s'imbatté sul Corso in Macario che correva verso il mare. Non si vedevano da più settimane. Macario ebbe la gentilezza di darne la colpa ad Alfonso:
      — È tanto occupato del romanzo — gli chiese — che non è più possibile vederla?
      Era la prima volta che Macario gli parlasse del romanzo e quel suo tono amichevolmente scherzoso diede una sorpresa aggradevole ad Alfonso. Fu di nuovo il buon amico cui piaceva tanto istruire Alfonso, il quale dal canto suo fece del suo meglio, ma invano, per riavere quel suo aspetto sommesso d'altre volte. Non sapeva più trattenere la parola che gli veniva spontanea a completare o rettificare le idee di Macario. Macario lo invitò a una gita in mare e Alfonso dovette rifiutare perché era vicina l'ora in cui gli toccava essere in ufficio. Lo accompagnò per un pezzo verso il molo.
      Macario salutò una signora che non doveva essere di prima gioventù, grassa e greve ma ancora elegante.
      — Ecco una signora — disse — della quale, a quanto si dice, si può divenire l'amante con facilità, e non sarebbe mica poco piacevole. — Da questa osservazione passò a ragionare ad Alfonso della seduzione in generale. — Per saper prendere una donna che vuole darsi ci vuol poco, ma già tanto che la persona più astuta non ci arriva.


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Una vita
di Italo Svevo
pagine 444

   





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