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      Con sufficiente chiarezza gli era stato indicato fino a quale punto gli era lecito di andare, e, se non oltre, voleva almeno trovarsi sempre là. Ne aveva conquistato il diritto. Ogni sera diceva ad Annetta la parola d'amore; se prima non lo poteva, andandosene, stringendole la mano per congedarsi.
      Improvvisamente Francesca era ridivenuta la compagna indivisibile di Annetta. Assisteva sempre alle loro sedute ed ora che poco o nulla lavoravano al romanzo, ella prendeva parte attiva ai loro discorsi. Era scomparso ogni sforzo nelle sue relazioni con Annetta dapprima fredde poi esageratamente amichevoli, e le due donne cinguettavano dinanzi a lui di mode, di viaggi, di persone ch'egli non conosceva, lasciandolo imbarazzato e muto. Rimaneva muto anche quando parlavano d'altro, perché proprio non si sentiva più di rivolgere ad Annetta né frasi banali, né disquisizioni critiche. Tutto ciò era troppo freddo, nullo e mancava di scopo. A che scambiare delle parole che a lui non importava di dire, a lei di udire? Egli rimuginava ancora delle parole, ma erano tali che dovevano ammettere, immediatamente dopo dette, qualche atto ardito e appassionato. D'altro non gl'importava. Il bacio sulla mano di Annetta gli aveva dato il bisogno di parlare, quello sulle labbra glielo aveva tolto.
      Veniva sempre ricevuto in quel tinello perché c'era la stufa e là ogni oggetto gli ricordava i desideri e le soddisfazioni avute. Quella confusione di mobili diversi, ogni singolo oggetto, quei mobili grevi e comodi, erano indissolubilmente legati alle sue sensazioni, gli parevano parte di Annetta o specchi che ridavano sempre la sua figura.


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Una vita
di Italo Svevo
pagine 444

   





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