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      Lo amava forse, ma la cura del suo interesse lottava con quest'amore e vittoriosamente sempre finché in lei non parlavano i sensi. Tutto ciò era tanto chiaro, si manifestava con tale evidenza che neppur sognando Alfonso non poteva non tenerne conto. Perché, come al solito, egli cercava di annullare il suo malessere spingendo la sua fantasia a deviare dalla realtà, ma questa volta era sogno che non valeva la pena di venir fatto. Poteva figurarsi che Annetta cedesse, sentisse gli stessi suoi desideri, ma per istanti. Erano commozioni precedute e seguite da freddezza glaciale e persino accompagnate da un freddo calcolo che segnava i limiti alla piccola passioncella che la signorina si accordava. Doveva dunque essere una lotta che dopo vinta bisognava sempre ricominciare.
      E non era questo l'unico dolore che quella serata gli apportava. Fino allora e per quanto fosse stato conscio che la ricchezza di Annetta era stata la prima origine del suo amore, non s'era mai ideato l'impressione che in lui doveva produrre l'accorgersi che altri, anzi Annetta stessa, sapesse e forse esagerasse l'importanza di tale elemento. Egli l'amava! Anche nel soliloquio perdeva la freddezza per difendersi da quella taccia. Ora egli l'amava! C'era un'enorme differenza fra lui e quell'abile intrigante che Annetta sembrava sospettare in lui, perché quelli ch'ella aveva creduto che fossero mezzi per raggiungere i suoi scopi, la melanconia, l'inquietezza, erano invece derivati dal desiderio, dall'amore. Certamente il suo non era un amore rispettoso, e gl'impedivano di essere tale le durezze nel carattere di Annetta, ma l'amava e voleva convincersi che se avesse mutato di condizione l'avrebbe amata lo stesso.


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Una vita
di Italo Svevo
pagine 444

   





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