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      — Dica! dica! — la incoraggiò Alfonso con gentilezza.
      — Così presto non si può dire, bisogna che le spieghi parecchie cose.
      Amava di parlare e mentre Alfonso con fatica si costringeva ad ascoltarla, ella cominciò a raccontare la storia della sua famiglia, alla quale, ella asseriva, competeva tutt'altra posizione di quella che occupava. Era impoverita per alcuni errori di suo padre, catastrofe ch'ella ingrossò descrivendo il loro stato anteriore come più elevato di quanto fosse stato in realtà.
      — Quindi, — il discorso era stato preparato e aveva capo e coda, — non possiamo rassegnarci a vivere in questa posizione mentre se acconsentiamo di maritare Lucia ad un operaio o altra simile gente, — col suo disprezzo le pareva di fondare meglio il suo diritto a superiorità, — è un atto che definitivamente c'inchioda qui. — Continuò con un altro «quindi» mentre Alfonso aveva pur finito coll'interessarsi alla questione perché temeva di vedersi improvvisamente aggredito con un'offerta di matrimonio. Ella indovinò la sua paura al suo aspetto imbarazzato, ma per quanto avesse anche compreso ch'era veramente paura e non speranza, la prova non le parve sufficiente. Dal tinello giungevano i suoni poco aggradevoli di una disputa fra Gustavo e Lucia ed ella fece un passo verso la porta per correre fra due litiganti, ma si fermò non volendo lasciare Alfonso nel sospetto che lo si volesse pigliare per il collo. Lo pregò di condurre in casa dei giovani, magari poveri, ma appartenenti alla classe intelligente.


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Una vita
di Italo Svevo
pagine 444

   





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