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      Non avrebbe potuto indovinarlo. Il candidato era cinquantenne, ma dimostrava un'età anche più avanzata avendo la pelle incartapecorita dal sole e dalle intemperie, alle quali, per il suo mestiere, doveva stare esposto. Gli occhi gli lagrimavano e non sapendo ch'era una visita da sposo che gli si faceva fare, aveva omesso di farsi togliere dalle guancie certo pelo bianco, giallastro che vi cresceva irregolarmente.
      Quando se ne andò, la Lanucci ridendo guardò il marito e anche questi sorrise. Gustavo se ne sentì offeso e non seppe resistere al desiderio di difendersi subito:
      — È però lucente d'oro, — disse. — I gusti delle donne non si sanno mai e sarebbe stata una bella fortuna se a Lucia fosse piaciuto.
      Il secondo amico che Gustavo presentò in casa fu il padrone di un macello, benestante, più giovine dell'altro ma non meno sucido. Era vedovo da poco tempo e Gustavo riteneva che cercasse moglie. S'ingannava. Il beccaio bevette di troppo del vino che c'era sul tavolo dei Lanucci e nella somma beatitudine, volendo dimostrare la sua riconoscenza ai novelli amici, esclamò:
      — Ah! qui si sta bene! Sempre in compagnia di amici starei io! Adesso che grazie al cielo sono vedovo, posso finalmente permettermelo!
      La Lanucci dichiarò che non voleva più rivederlo e desiderava anche che le visite degli amici di Gustavo cessassero. Il giovanetto si difendeva.
      — Non posso mica dire ai miei amici di venire in casa mia per fare loro sposare mia sorella. Devo scegliere quelli che più mi sembrano inclinare al matrimonio.


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Una vita
di Italo Svevo
pagine 444

   





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