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      La signora Lanucci lo fece accomodare in tinello e gli presentò la figliuola ch'egli salutò seduto, con un leggero cenno del capo ma molto amichevolmente, avvezzo come era a trattare con le sartine.
      Fece però molti complimenti, ciarlò molto e di cose che alle donne piacciono. Persino ammirò il vestito di Lucia e lo paragonò a quello che aveva visto portato dalla signora Canciri, una delle più ricche signore del paese. Era un donnaiuolo per il quale ogni donna era desiderabile e ispirare un desiderio sempre una gioia.
      — Ho da trattenerlo a cena? — chiese la Lanucci con voce angosciata ad Alfonso vedendo che la seduta si prolungava di troppo.
      — Lo inviti! Non accetterà.
      La Lanucci con imbarazzo lo invitò avvertendo subito che la cena era modesta ma che dove c'era da mangiare per cinque ci sarebbe stato abbastanza per sei.
      Miceni rifiutò ringraziando, e comprendendo che la famigliuola era in procinto di sedersi a tavola prese commiato. Se ne andò accompagnato da Alfonso ch'era impaziente di sapere quale impressione avesse prodotto su lui Lucia. C'era da lusingarsi perché le aveva dimostrato tutt'altro che indifferenza.
      Sulle scale, buie e di legno fino al primo piano, Miceni si appoggiò confidenzialmente al braccio di Alfonso e gli chiese:
      — L'hai avuta?
      Alfonso indignato protestò.
      — Non adirarti. Se realmente non hai neppure provato è l'unica causa per cui non sei riuscito, e in questo caso devo confessare che sei anche più sciocco di quanto io non ti credessi. Una ragazza in quelle condizioni, posta accanto ad un giovine che vive in condizioni migliori, prima o poi gli si getta al collo, a meno ch'egli non accenni a respingerla.


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Una vita
di Italo Svevo
pagine 444

   





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