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      — Sarebbe stato un bel sogno, è vero, — disse Alfonso, — ma per ora non si poteva realizzarlo perché la mia posizione è anche più misera e malsicura di quella di Gralli. Saremmo morti di fame.
      Quando fu solo ripensò commosso al tragico dolore della Lanucci. Quella povera donna in mezzo alle sue disgrazie aveva rivolte tutte le speranze all'avvenire della figliuola e perciò era stata sempre più rassegnata e più lieta che gli altri. Ora appena le sue speranze morivano. Sua figlia doveva subire il suo stesso destino. Sarebbe stata circondata da una famiglia di disgraziati per nulla migliore di quella da cui usciva.
      — Signorina, — disse Alfonso alla sera seriamente a Lucia, — voglio essere il primo a farle le mie congratulazioni e perciò gliele faccio subito.
      Lucia ringraziò cerimoniosamente.
      — Non c'è ancora nulla da congratularsi perché Mario non fece ancora ufficialmente la domanda, — lo chiamava già confidenzialmente col nome di battesimo; — da lei però posso accettare delle congratulazioni in anticipazione.
      Alla sera Alfonso s'addormentò insolitamente presto, dopo aver subito per due ore la noia mortale della compagnia dei Lanucci e di Gralli. Sofferse al vedere lo sposo privo di spirito e d'idee, ma come comprendeva che la vecchia ne soffriva, così anche capiva che Lucia non se ne avvedeva e che il suo sposo le piaceva così dignitosamente muto.
      Alfonso si trasse le coperte fino al mento e a conclusione di una lunga riflessione sull'andamento delle cose umane mormorò:
      — L'uomo dovrebbe poter vivere due vite: Una per sé e l'altra per gli altri.


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Una vita
di Italo Svevo
pagine 444

   





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