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      Ella non credeva che la lezione che gli aveva dato servisse per molto tempo, e voleva far credere o credeva che essa per la prima sarebbe stata lieta d'ingannarsi.
      Era stato gentile ma con difficoltà, perché non era facile per lui di ritrovare con Annetta quel tono di amichevole cortesia da lungo tempo abbandonato per il tono di passione che fino ad allora, quando gli era mancato spontaneo, aveva imitato con sforzo.
      Ben presto s'imbatté in altra difficoltà e maggiore. Per continuare la commedia era necessario di trovare un argomento per passare le serate con Annetta senza lasciare ch'ella provasse noia o che egli, pur provandone, — vi si rassegnava, — la lasciasse trasparire. Fino allora gli erano bastate quelle piccole insidie che tendeva ad Annetta per riempire tutto il tempo; gli davano una tensione di nervi che escludeva la noia. Da lungo tempo avevano cessato di lavorare al romanzo e restava bugia quanto avevano detto a Federico soltanto perché mai quando si ritrovavano soli Annetta aveva tralasciato di preparare l'occorrente per scrivere. Fra di loro avevano sempre continuato a manifestare l'intenzione di continuare nel lavoro.
      — Ci mettiamo al lavoro? — chiese ad Annetta.
      Ella approvò, ma poiché egli subito voleva mettersi a scrivere, dovette far cercare una penna. Per manifestare l'intenzione di continuare il lavoro bastava preparare carta e calamaio e non la penna. Con tutto zelo egli si gettò al romanzo perché sarebbe stato per lui una fortuna di poter distrarsi in altre idee e non avere a fare degli sforzi per essere indifferente.


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Una vita
di Italo Svevo
pagine 444

   





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