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      Non provò alcun timore che così potesse accadere! Se qualcuno glielo avesse annunziato come fatto avvenuto, egli non avrebbe avuto né sorpresa né dolore se anche non piacere. Sarebbe stato liberato dai dubbî ch'erano di molto più gravi di quelli ch'egli poteva sopportare. Sapeva che in questo caso Annetta, non che sua amante, non sarebbe stata più neppure sua amica e ch'egli sarebbe ricaduto fra il volgo degl'impiegati da cui non era distinto che da questa sua relazione. Ma anzitutto desiderava di riavere la sua pace e la sua tranquillità.
      A casa lo attendeva una lettera. Era di Annetta; ne riconobbe subito la scrittura, certi tratti rotondi e piccolissimi ch'egli aveva avuto l'occasione di conoscere lavorando con essa al romanzo. L'aperse subito. Forse in quella lettera v'era la parola che lo avrebbe tolto alla sua tortura. Potevano esserci o nuove affettazioni d'amore, o scuse ricercate per liberarsi da lui.
      S'ingannava! Nella lettera non trovò nulla di affettato.
      Scritta per raccontargli qualche cosa ch'egli non ancora sapeva, era dapprima tutta dedicata a questo fatto, un'esposizione serrata con qualche piccola osservazione che doveva togliere dei dubbî o prevenire qualche opposizione. Annetta cominciava col premettere con poche, semplici ma affettuose parole, ch'essi formavano ora una sola persona in quanto a scopi e interessi e che perciò ella si attendeva ch'egli riponesse intera fiducia in lei. Avrebbe perciò anche agito senza fargli ulteriori comunicazioni che, ella lo comprendeva, non potevano essergli aggradevoli.


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Una vita
di Italo Svevo
pagine 444

   





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