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      Ma ora le occorreva il suo aiuto. Ella intendeva di andare dal padre e dirgli subito tutto. Sarebbe stata una brutta scena e non c'era da meravigliarsene perché la sorpresa e anche il dolore non dovevano essere piccoli nel vecchio Maller che per la figliuola, a torto, ella s'affrettava di aggiungere, aveva sognato tutt'altra cosa. Ella non poteva ripromettersi di fargli mutare così presto di parere, e così Alfonso, per breve tempo bensì, ne era certa, sarebbe rimasto esposto a degli sgarbi forse anche a delle brutalità. Amandolo, ella avrebbe sofferto per ogni parola meno che dolce che a lui fosse stata diretta, e, per il decoro di Maller, gli proponeva che abbandonasse per qualche tempo la città. Aveva già detto al padre che Francesca aveva il desiderio di mandarlo con un suo incarico al villaggio e Maller stesso aveva promesso di fargli offrire il permesso. Ella lo pregava di accettarlo.
      La lettera si chiudeva, ma si riapriva in un poscritto, altre due facciate fitte fitte. Ella voleva rivederlo una volta, una sola volta prima della sua partenza e lo pregava di trovarsi la sera del giorno stesso accanto alla biblioteca civica, su quell'erta verso la villa Necker ove ella già altre volte lo aveva veduto. In casa sua non voleva perché prima della promissione desiderava di non trovarsi più sola con lui. Non gliene volesse male per questo. Ella s'era scoperta debole una prima volta quando tanti riguardi e tanti timori avrebbero dovuto sostenerla; sapeva quindi che avrebbe ceduto egualmente una seconda volta quando questi riguardi più non fossero esistiti.


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Una vita
di Italo Svevo
pagine 444

   





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