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      White era disattento; si capiva che non sapeva rivolgere tutto il suo pensiero a rispondere ad Alfonso.
      Il congedo da White fu molto affettuoso. Alfonso era tanto predisposto alla commozione che per commoversi fino alle lagrime non gli abbisognava che di una occasione qualunque, e sembrava che l'altro, di solito tanto freddo, si trovasse nell'identico stato. Raccontò ad Alfonso che non sapeva ancora precisamente a quale scalo del Levante egli verrebbe destinato, ma ad ogni modo molto molto lontano e in quel molto ripetuto la sua voce si spezzava dalla commozione.
      Alfonso, che aveva dopo ufficio ancora mezz'ora di tempo prima dell'appuntamento, lo accompagnò a casa.
      — E la signora...? — chiese accennando alla casa di White.
      — Ella non mi accompagna perché... non lo vuole.
      Per tagliar corto rispondeva subito anche ad altra domanda che Alfonso avrebbe potuto fargli e mutò subito discorso.
      — Ah! in questa città sono stato molto più felice che a Parigi ed è doloroso doverla abbandonare per guadagnarsi la pagnotta. Oh! maledetto l'argento! — La parola francese dava meglio l'aspetto di sincerità all'imprecazione. — Se lei può attendermi ridiscendo subito e faremo un pezzo di strada insieme verso la stazione ove abita una famiglia dalla quale devo prendere congedo.
      Ma Alfonso non poteva attendere perché aveva giusto il tempo di arrivare, come suo dovere, poco prima dell'ora stabilita.
      I due amici si strinsero la mano e si guardarono per un istante senza parole negli occhi, White col suo volto regolare molto serio, gli occhiali quasi aderenti agli occhi.


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Una vita
di Italo Svevo
pagine 444

   





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