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      — Come, come? — chiese Sanneo sorpreso e alzando finalmente la testa. — Lei parte?
      Alfonso ripeté tutto quanto aveva già detto e Sanneo ebbe l'aspetto di persona seccata. La cosa aveva ora tutta la sua attenzione e depose persino la penna per staccarsi del tutto da altre idee. Il giorno prima aveva dato ordine ad Alfonso di assumere un nuovo lavoro, lo scontro di certi conteggi della liquidazione che, fino allora, dopo la dipartita di Miceni dalla corrispondenza, aveva fatto egli stesso. Era un lavoro che ogni quindici giorni lo costringeva a prolungare parecchio le sue ore di lavoro e dopo essersi risoluto di appiopparlo ad Alfonso, era spaventato di vederselo ripiombare addosso. S'era sottoposto a una fatica per consegnare il lavoro e insegnarlo ad Alfonso e diveniva ora fatica sprecata.
      — Se il signor Cellani gliene ha dato il permesso, — volontieri lo avrebbe messo in dubbio, — ella è libero di partire. Venne chiamato con dispaccio?
      — Sì! — rispose Alfonso seccato di dover dare dei particolari.
      — Oh! allora non c'è nulla da obbiettare, — disse Sanneo, — quantunque io in questi casi usi di non partire immediatamente e di attendere conferma della notizia che talvolta è data da parenti troppo presto spaventati.
      Però, visto che Alfonso nulla rispondeva a questa ch'era una proposta velata, Sanneo divenne improvvisamente l'amico cortese che prende congedo. Gli augurò di trovare la madre in buona salute e, volendo cancellare il cattivo effetto che potevano aver fatto le sue esitazioni, aggiunse ridendo:


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Una vita
di Italo Svevo
pagine 444

   





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