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      Stava meglio quando egli la credeva morta! Ad ogni modo gli veniva accordato il tempo per baciarla e dimostrarle l'affetto immenso che gli gonfiava il cuore. Il caso lo trattava meglio di quanto egli meritasse.
      — Entri! entri! — gli disse la vecchia che guardava con desiderio le sue ortaglie.
      Egli non volle e la invitò ad andare essa la prima a preparare l'ammalata. Poi, vedendo ch'ella indugiava, le spiegò che doveva avvertire dapprima che c'era qualcuno, poi qualcuno che l'avrebbe grandemente sorpresa di rivedere, infine qualcuno che le sarebbe stato caro di rivedere, suo figlio.
      Entrò con lei in casa. Le due uniche stanze che i Nitti avessero abitato nella casa relativamente vasta erano situate al pianterreno. Erano le uniche due che avessero luce a sufficienza e vano era stato il tentativo del defunto dottore di abituarsi ad una terza per servirsene di stanza di studio. Mancava di luce ed era troppo grande perché il vecchio medico co' suoi pochi mobili e la miserabile biblioteca non vi si sentisse troppo solo; la stanza rimase destinata a biblioteca, ma il dottore non studiò più nulla.
      La stanza posta immediatamente all'entrata era vuota con un solo letticciuolo in un canto, mentre quando Alfonso l'aveva abitata era stata fornita di tutto quanto si poteva nelle condizioni della famiglia Nitti. Alle mura erano stati appesi i pochi quadri che la famigliuola possedeva e molte riproduzioni di quadri celebri, parecchi di Orazio Vernet, cammelli dai corpi enormi e fisonomie tranquille, pazienti, bestie più simpatiche degli uomini che li conducevano.


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Una vita
di Italo Svevo
pagine 444

   





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