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      Ben presto però le sofferenze della signora Carolina aumentarono in modo che non gli lasciarono più tempo a sogni, perché ella non ebbe più un istante di requie e abbisognava continuamente di lui, non solo della sua forza per sostenerla, ma anche della sua intelligenza per trovare nuovo modo di soccorrere a nuovi mali. Non soltanto non poteva più sognare, ma neppure riflettere, perché l'imminenza del grave avvenimento che andava compiendosi sotto ai suoi occhi gliene toglieva la facoltà.
      I disturbi più dolorosi provenivano alla signora Carolina dai turbamenti del suo sistema nervoso. All'ammalata sembrava che il materasso si piegasse da una parte in modo da farla sdrucciolare fuori del letto e per quanto fosse diritto bisognava elevarlo da quella parte mettendoci sotto dei guanciali. Naturalmente tutti gli sforzi finivano col provare all'ammalata che il male risiedeva nel suo organismo e non negli oggetti che la offendevano. Alla destra del suo letto v'era una finestra ch'ella volle venisse coperta con un lenzuolo perché la luce da quella parte l'offendeva. La bianchezza del lenzuolo continuò a molestarla e anche quando Alfonso sostituì al lenzuolo un panno nero ella non ebbe pace.
      — Capisco, capisco! — gemette e non chiese altri mutamenti, ma da quella parte anche quando vi aveva rivolta la schiena continuava a venirle un malessere indefinibile.
      Una sola volta ancora Alfonso si trovò tranquillo tanto da poter uscire. Aveva fretta perché non voleva rimanere troppo tempo lontano dall'ammalata e desiderava di andare almeno fino al villaggio.


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Una vita
di Italo Svevo
pagine 444

   





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