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      — chiese Alfonso costringendosi a ridere per consolarla più facilmente.
      Disse male di Gralli, un tipo che mai gli era piaciuto, persona che certamente doveva essere violenta e poco sincera con quella sua figurina tutta nervi e niente carne e niente statura.
      — Oh a me non duole mica molto del suo abbandono, — e volle ridere, ma di nuovo il volto prese quell'espressione di allegria voluta, una contorsione come di persona poco abile che voglia fare ginnastica.
      Gli faceva pena. Per liberarsene chiese di andare a salutare il vecchio Lanucci, ma ella rispose che l'ammalato dormiva. Prese allora una decisione che gli costava fatica, con aspetto tranquillo come se non avesse fatto altro che rammentarsi di un suo dovere. Si apprestò ad andare subito alla banca. Già era cosa che prima o poi bisognava fare e valeva meglio liberarsi subito da quel pensiero.
      Avviandosi, per acquistar tranquillità e forza volle porsi dinanzi agli occhi le peggiori eventualità cui andava a esporsi. Non ne vide che una. Esser congedato dall'impiego. Era piccola sventura, ma gli dispiacque tanto tutto quell'odio che doveva supporre nutrito dalle persone che lo avrebbero scacciato, che, per salvarsi dal malessere che provava, fantasticò sulla probabilità che venisse del tutto risparmiato da tanto odio. Francesca gli aveva scritto che a Maller tutto era stato raccontato, ma Francesca non aveva assistito al colloquio fra padre e figlia e forse era stata ingannata da Annetta la quale aveva delle ragioni per ingannarla.


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Una vita
di Italo Svevo
pagine 444

   





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