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      — A me pare che questo ritardo sia un buon indizio, perché, se fosse avvenuto qualche malanno, a quest'ora noi già lo sapremmo, — disse la Lanucci ritirandosi dalla finestra e guardò Alfonso nella speranza ch'egli fosse del suo parere. Egli le disse che così spiegava anche lui il ritardo.
      Dalla via salì il rumore di una baruffa. Ambidue si slanciarono alla finestra. Lentamente, con lunghe fermate, salivano l'erta cinque persone discutenti con vivacità. Ad intervalli, già si vedeva, due di esse si ponevano a faccia a faccia e venivano divise con sforzo dalle altre. Una aveva la statura di Gustavo e l'altra, o sembrava, di Gralli. Si fermarono giusto sotto alla finestra, e allora appena Alfonso e la signora Lanucci si accertarono che in quel gruppo non v'era né Gustavo, né Gralli. Respirarono e si guardarono sollevati.
      Tuttavia la vista di una baruffa parve avesse rattristato la signora Lanucci. Confessò che aveva perduto ogni speranza e che già sapeva il destino riservato alla figliuola. Ella sapeva quale uomo fosse Gralli. Non ci aveva badato prima, ma ora si rammentava di certi particolari nel suo contegno, i quali avrebbero dovuto metterla in guardia e farle sospettare della sua sincerità.
      — Essendo buoni è tanto difficile di sospettare in altri la cattiveria. — Lodò Alfonso; egli era buono ed ella sentiva, sapeva che a lui il male ripugnava. — Ci si sente tanto bene accanto ad una persona in cui si ha tale fiducia. — Poi riandò con la mente tutte le fatiche ch'ella aveva sopportate per allevare quella sua unica figliuola e chiedeva se c'era giustizia a questo mondo che tali e tante pene non avessero ad avere altro risultato.


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Una vita
di Italo Svevo
pagine 444

   





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