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      Era cortese ma non tanto da perdere tempo e così Alfonso si aspettò al peggio. Veniva congedato.
      Cellani non c'era nella sua stanza ma accorse non appena udì che Alfonso era entrato. Fu serio, molto serio, ma visto che gli dirigeva finalmente delle frasi intiere, ad Alfonso sembrò più cortese del solito.
      — Ho da comunicarle qualche cosa che a lei forse farà piacere. — Ne dubitava e ad onta del suo aspetto serio la sua frase finì coll'apparire ironica. — In contabilità hanno bisogno di un impiegato pratico per il maestro centrale e il signor Maller decise che quest'impiegato sia lei.
      Era un comando, non una proposta, mentre di solito i trasferimenti alla contabilità si facevano solamente col consenso degl'impiegati a cui si proponevano.
      — Così che debbo lasciare la corrispondenza? — chiese Alfonso per prolungare il colloquio. Era irresoluto se protestare, non subire tranquillamente quella ch'egli già aveva riconosciuto essere un'offesa e una punizione, oppure rassegnarsi con buona grazia a cosa ch'era senza rimedio. L'ira però la vinse in lui. Il signor Cellani lo derideva volendo gabellargli per avanzamento quella umiliazione? — Ma che cosa ho fatto io per venir scacciato in tale modo dalla corrispondenza?
      Cellani lo guardò sorpreso. Si avviò al suo posto stringendosi nelle spalle, impaziente, incapace di continuare a fingere:
      — Lo chieda al signor Maller; io non ne so nulla, io!
      Sbuffando gonfiò le guancie e si mise nervosamente a scrivere e a firmare.
      — Sta bene! — disse Alfonso risoluto, — andrò a chiederlo al signor Maller!


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Una vita
di Italo Svevo
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